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Riassunto del webinar Tono di voce e contenuti social ai tempi del Covid-19, tenuto per noi da Marino Pessina dell’agenzia di comunicazione Eo Ipso.
Un periodo, quello che stiamo vivendo, che ha davvero messo a dura prova la tenuta e l’affidabilità dei social che, comunque, sono e restano un potente strumento per tessere le relazioni, per creare delle community, per restare in contatto con i propri parenti, amici, clienti e consumatori. Del resto, gli esseri umani sono animali sociali e il Coronavirus, con l’obbligo del distanziamento sociale che si porta dietro, minaccia queste connessioni, senza le quali i problemi aumentano, perché anche l’isolamento e la solitudine sono un problema per la salute.
E, così, se prima del lockdown erano quasi 50 milioni le persone online in Italia su base regolare, e 35 milioni quelle presenti ed attive sui canali social, oggi l’uso dei social media è cresciuto del 30%.
Ma, di contro, se prima del lockdown il 51% degli utenti dei social li considerava un affidabile canale per la diffusione delle informazioni, oggi solo il 16% degli utenti la pensa allo stesso modo, quindi il calo dell’affidabilità è di quasi il 70% (-68,6%).
Insomma, è avvenuto quello che aveva predetto Obama, un maestro dell’uso della rete sociale, che nel 2008 lo aveva portato ad essere eletto presidente degli Stati Uniti d’America. Obama, infatti, solo un anno dopo la sua elezione, nel 2009, diceva: «l’informazione non può essere lasciata alla blogosfera, perché serve un puntiglioso controllo dei fatti e la capacità professionale di inserirli nel giusto contesto. Altrimenti tutto quello che rimarrà saranno persone che gridano una contro l’altra nel vuoto, senza un vero sforzo di mutua comprensione».
E anche i grandi player del mondo social si sono accorti che sulle loro piattaforme girano troppi contenuti problematici, volgarmente detti fake news, tanto che Facebook e Instagram hanno garantito un credito illimitato in pubblicità all’Organizzazione mondiale per la Sanità al fine di informare sul virus e si sono impegnate a limitare la diffusione di disinformazione. Twitter ha invitato le persone a informarsi da fonti credibili. YouTube indirizza le persone a fonti ufficiali dell’Organizzazione mondiale per la Sanità e sponsorizza la stessa Organizzazione mondiale per la Sanità in abbinamento a tutti i contenuti video che parlano di Coronavirus.
Insomma, una volta compreso il nuovo scenario reputazionale che oggi caratterizza i social network, torniamo al dato di prima, e che rappresenta un’opportunità incredibile, perché significa che, oggi, in Italia, sui social network ci sono 45 milioni di persone e, in questo momento (e probabilmente per tanto tempo in futuro), i social sono decisamente il più importante luogo di aggregazione italiano, dove in queste settimane abbiamo visto realizzarsi di tutto: dagli aperitivi alle feste on line e via app, dalle maratone, ai concerti, agli applausi coordinati, al karaoke, il tutto rigorosamente live.
In comunicazione, per decidere il tono di voce e i contenuti, bisogna avere chiaro il quadro di riferimento, che è caratterizzato dal fatto che, sulla rete, in questa fase, le persone cercano:
- fonti di informazione credibili, aggiornate, accurate e utili (in questo periodo, il consumo delle news proposte dalle fonti di informazione on line, cioè delle testate giornalistiche, è aumentato del 270%)
- occasioni di intrattenimento, distrazione e socializzazione (sempre in questo periodo, il traffico internet sui giochi on line è aumentato del 70%)
E quindi, si parte da qui per tentare di definire cosa fare/dire e cosa non fare/non dire sui social in tempi di Coronavirus.
Ovviamente sto parlando primariamente alle aziende e alle attività commerciali che, diciamocelo, sui social sono sempre state un ospite necessario, e non sempre felicemente invitato. Specie quando usano i social soprattutto per farsi pubblicità. Perché, mentre tutti abbiamo i nostri interessi lavorativi, nessuno va sui social media per consumare intenzionalmente la pubblicità.
I social media sono un luogo dove le persone vanno primariamente a parlare di ciò che gli accade nella loro vita privata, soprattutto con le persone che contano per loro. Ma, quindi, la prima cosa che le aziende devono fare è bloccare la pubblicità? Sì se parliamo della pubblicità a cui eravamo abituati e che era stata pensata prima dell’emergenza sanitaria; no se la pubblicità cambia il linguaggio, riprende subito dopo aver dimostrato empatia e vicinanza e si adegua al contesto, perché anche il consumo di pubblicità aiuta a creare un senso di normalità.
Passando dalla pubblicità ai post per la propria community, il discorso non cambia.
In queste settimane di crisi sanitaria, caratterizzata dal distanziamento sociale, devono essere messi al bando i post confezionati con immagini di persone assiepate, spiagge affollate e altre cose simili. E bisogna ricordarsi di cancellare tutte le cose programmate da tempo e di cui, magari, ci si è dimenticati. Anche le newsletter automatiche che inviano ai clienti un buono da spendere in negozio in occasione del proprio compleanno: se chi lo riceve è bloccato a casa e, per di più, il negozio è chiuso da tempo, capite bene anche voi che quello che in tempi di normalità viene vissuto come un segnale di attenzione alla persona, di questi tempi viene recepito nel migliore dei casi come disattenzione, ma più probabilmente come una presa per i fondelli.
Detta in altri termini, anche sui social siamo in piena comunicazione di crisi. E durante una comunicazione di crisi si deve adeguare il tono di voce al contesto. E in un periodo come questo, costellato da lutti, incertezze per il futuro e rabbia impotente per la condizione in cui tutti noi ci troviamo a vivere, il tono di voce è quello dell’empatia e della compassione. Ovvero di chi è capace, nei fatti, di comprendere appieno lo stato d’animo altrui. Cosa non difficile, visto che siamo tutti nella stessa condizione, e quindi dovrebbe essere abbastanza semplice metterci nei panni dei membri della nostra community.
La strategia di comunicazione sui social in caso di crisi è abbastanza semplice, la potremmo sintetizzare con «fai qualcosa di concreto prima di parlare e stai vicino alle persone. Ma, soprattutto, fai sapere che ci sei (o che tornerai) e che non sei una vittima del coronavirus» e si compone di 4 mosse:
- adegua i tuoi messaggi al contesto (quindi adotta il giusto tono di voce, che per l’oggi abbiamo detto deve essere caratterizzato da empatia e compassione, e blocca tutto quanto di già pianificato che rischia di essere fuori contesto);
- fai qualcosa di concreto per combattere la crisi che ti ha colpito;
- stai vicino ai tuoi dipendenti e collaboratori (mettendoli a parte delle decisioni che prendi, tenendoli informati di come stanno andando le cose, coinvolgendoli e, se stanno operando anche durante la difficoltà, ringraziandoli);
- fai azioni di sostanza per e con la tua community.
Partiamo con Barilla che (punto 1) ha subito messo in pausa la comunicazione commerciale; (punto 2) ha fatto donazioni in denaro, macchinari medici e prodotti agli ospedali; (punto 3) per ringraziare quelle che ha definito «le nostre straordinarie persone impegnate negli stabilimenti» le ha pubblicamente ringraziate elencandole ad uno ad uno insieme alla scritta “Siamo fieri di voi” con pagine di inserzione sui principali quotidiani in edicola il 3 aprile; (punto 4) si è rivolta alla propria comunità dei consumatori con lo spot televisivo “ringraziare tutta l’Italia che resiste”, quello con la voce narrante di Sofia Loren, e si è rivolta alla propria community creando occasioni di intrattenimento sui propri social.
Vediamo ora Esselunga che (punto 1) ha sospeso le campagne commerciali, la cartellonistica, la pubblicità sui quotidiani e i volantini porta a porta, lasciando spazio solo a messaggi di servizio per spiegare come hanno messo in sicurezza le loro strutture; (punto 2) ha fatto donazioni in denaro, macchinari medici e prodotti agli ospedali; (punto 3) ha fatto azioni di formazione, cambio turnazioni e sostegno per il proprio personale; inoltre a tutta la propria filiera (dipendenti, collaboratori e fornitori) che consente di fare la spesa, ha dedicato lo spot “il nostro grazie a tutti voi”; (punto 4) ha creato una serie di vantaggi per la comunità dei propri clienti (tra cui la priorità al personale medico e agli over 65 e la creazione di un’app per fare la fila da casa) e coinvolto la propria community nel fare la cosa giusta donando i punti della Carta Fidaty per riconvertirli in donazioni agli ospedali, garantendo comunque un regalo a chi fa questa scelta.
Nel fare tutto questo, Barilla e Esselunga hanno assolto alla parte più importante della strategia: «fai sapere che ci sei (o che tornerai) e che non sei una vittima del coronavirus», che in sintesi è ciò che tutte le aziende devono fare, anche e soprattutto attraverso i canali social: comunicare.
L’importanza della comunicazione in tempi di crisi
Perché comunicare in tempi di crisi vuol dire mettere un argine al disastro che la crisi ha fatto partire. Pensate ad un’azienda che in questo momento è chiusa e, in più, si chiude in sé stessa. Non parla, sparisce dai radar. Se non comunica ai suoi clienti che è in grado di dare un prodotto o un servizio – già adesso o il giorno dopo la fine del lockdown – è altissima la possibilità che il suo cliente acquisti quel prodotto servizio dai tanti che stanno comunicando di averlo disponibile. E così un’altra tessera di quel domino è caduta, perché si è perso dell’altro fatturato.
Tutti, ma soprattutto le piccole imprese, se non comunicano quello che stanno facendo, le prospettive di ripartenza, le modalità con cui si stanno attrezzando e organizzando, rischiano di restare alla mercé delle voci incontrollate che potrebbero girare su di loro. Perché l’affermazione «quello lì non ce la fa mica a ripartire, o a riaprire l’attività», ci mette un attimo a diffondersi, specie sulla rete. E così l’azienda, l’artigiano, il commerciante che sta zitto, si incammina sulla strada che lo porterà a diventare un’altra vittima del coronavirus.
E stando all’oggi, c’era (e c’è) un motivo in più per comunicare durante questa crisi da Covid-19: fare un passo nella direzione della speranza e mettere in atto azioni, anche semplici, anche di poco conto, ma nell’ottica del mutuo soccorso.
Due facili esempi:
- socializzando le proprie difficoltà, si condividono le possibili soluzioni («sono tre giorni che non riesco a erogare il servizio perché non trovo le mascherine. Oggi, finalmente, sono pronto a portarvi a casa la mia pizza perché le mascherine le ho acquistate in quel posto lì». Mi ha dato due informazioni, ci consegna a casa la pizza e dove posso trovare le mascherine. E gli sono così grato, che supero la mia diffidenza sulle consegne a casa e ordino la pizza per tutti);
- comunicando sé stessi.
Quindi, comunicare, perché stare zitti in attesa che tutto passi non aiuterà, servirà solo a farvi scomparire a poco a poco. Comunicare, quindi, ma farlo con uno scopo. Promuovendo al contempo un senso di sostegno, comunità e riconoscimento di ciò che il mondo sta vivendo in questo momento. Per mantenere evidente e chiara l’esistenza della mia azienda, della mia realtà? Certo che sì. Ma nel contempo offrire supporto alla propria community e rafforzare o creare nuove connessioni significative.
- Controllate tutti i contenuti già programmati in precedenza, che devono essere pubblicati in questo periodo e assicuratevi che siano ancora pertinenti e sensibili alla luce di ciò che sta accadendo.
- Fate attenzione al tono di voce usato: ci deve essere empatia e compassione. L’ultima cosa da fare come imprenditore è apparire sordo durante quello che è un momento molto difficile per molte persone. Chiedete: “Cosa posso fare per te?”, “Che cosa hai bisogno da me e dalla mia azienda in questo momento?”, “In che modo la nostra azienda può alleviare il tuo dolore in questo momento di perdita?”.
- Riformulate i vostri messaggi in modo che parlino davvero delle difficoltà che le persone stanno affrontando in questo momento.
- Rimuovete qualsiasi linguaggio eccessivamente esuberante e non utilizzate troppi emoticon “giocosi”. Le componenti extra-verbali della comunicazione, così come sono, appunto, gli emoticon, si prestano facilmente ad essere male interpretati.
- Fate attenzione alle immagini che usate. Per esempio, invece di pubblicare foto di persone che camminano sulla spiaggia, in questo momento sono meglio persone che socializzano sulle chat. O immagini dell’attuale realtà quotidiana. Non a caso, sia Barilla sia Esselunga, nei loro video, hanno proposto solo persone adeguate protette dai cosiddetti dispositivi di protezione individuale.
- Se siete aperti, mettete dei post per ringraziare i vostri dipendenti, chiedendo di fare delle foto in azienda, dove si veda che vengono rispettare tutte le regole di sicurezza anti-contagio.
- Se siete in smart working, mostrate alle persone come voi e il vostro team state affrontando questo momento. “Normalmente saremmo in ufficio, ma ora tutto è cambiato”. Pubblicate un post con una foto o un video del vostro incontro mattutino tenuto sulle piattaforme digitali che permettono di collegarsi con i colleghi o gli amici.
- Offrite competenze specifiche. Usate i vostri social come canale educativo per far sapere alle persone, o ad altre aziende, come potete supportarli. Chiedetevi: i vostri post educano i vostri follower su un argomento rilevante? Potete aiutarli a conoscere le risorse nella vostra nicchia che li aiuteranno in questo momento difficile? Cosa potete offrire gratuitamente che fornirà valore educativo alla vostra comunità?
- Offrite un modo per rimanere in contatto mentre tutti praticano il distanziamento sociale, fate uno sforzo supplementare per potenziare e supportare la comunità. Avete o potete creare una community personalizzata per aiutare i vostri follower in questo periodo? Per esempio, le palestre possono mettere a disposizione corsi video (per i loro iscritti ma non solo), i ristoranti offrire corsi di cucina. Le idee possono essere tante.
- Utilizzate i video per comunicare in modo più approfondito con il vostro pubblico. Aiutano a connetterci in modo più efficace con il mondo esterno. Perché, ricordatevi, in generale, ma soprattutto sui social: il testo va bene, la foto va meglio, ma il video è ancora più efficace. E si possono fare ottime cose con uno smartphone, senza contare che, di questi tempi, se i video non sono proprio perfetti, forse forse è anche meglio. Ovvio, non per gli spot o la pubblicità, ma per la comunicazione veloce sui social, sì. Soprattutto per centrare le azioni dei primi due punti di questa slide: ringraziare i dipendenti e mostrare la vostra attuale normalità.
- Promuovete e condividete tutte le azioni che state facendo contro la pandemia, come le donazioni fatte o la riconversione per produrre mascherine o altri dispositivi di protezione, il fatto che vi siete attrezzati per portare la spesa a domicilio, le macchine di sanificazione che avete comprato, e così via. Certo, non per incensarvi, ma spiegando le ragioni vere ed empatiche del vostro gesto, nel caso delle donazioni e delle azioni di cuore. E per socializzare le soluzioni, indicare delle strade da seguire, mostrare degli esempi pratici da imitare, nel caso in cui abbiate trovato delle soluzioni a problemi che anche altri potrebbero avere, insomma, condividendo le buone azioni, in tutte le loro accezioni, mettete in moto un passaparola positivo.
- Se avete un ufficio stampa, condividete quello che i media dicono di voi anche sui social: è un modo per aumentare la vostra reputazione. Del resto, se un giornalista è arrivato a pensare che il vostro fatto aveva la dignità e l’importanza per diventare una notizia, vale proprio la pena investirci altro tempo per amplificarne ulteriormente la comunicazione. Perché, anche se magari voi avreste preferito che venisse scritto qualcosa di diverso o proprio qualcos’altro, 99 volte su 100 quello che il giornalista scrive di voi è proprio la notizia che la gente ha interesse a conoscere o sapere.
- Se proprio vi piacciono i post cosiddetti emozionali, questo è il momento di utilizzare soprattutto le citazioni motivazionali o le storie da cui si può trarre ispirazione, ovviamente positive e adeguate al contesto.
- Questo può essere un buon momento per la sperimentazione. Per allargare i propri orizzonti e anche il proprio modo di comunicare. E allora utilizzate più canali social, magari partendo affiancandone uno solo a quello che già avete. E sforzatevi di produrre formati diversi. La combinazione di formati sia brevi che lunghi, di immagini, alternate a testi brevi, alternati a video, oltre a qualche approfondimento testuale, aiuterà sia a migliorare e rivitalizzare il rapporto con la propria community sia, facilmente, ad espanderla.
- Da ultimo, per la programmazione editoriale dei prossimi mesi, considerate che gli elementi di questa pandemia potrebbero rimanere. Perché in fondo al tunnel c’è sì la luce, ma – almeno per il momento – non è quella di un sole accecante. Quando usciremo dal tunnel, il mondo e le comunità saranno ancora sotto choc, perciò i vostri messaggi dovranno essere elaborati con la stessa empatia e la stessa saggezza usata in questi giorni.
- Occorre astenersi dall’usare un linguaggio che potrebbe causare paura o apparire come se si stesse capitalizzando sul caos (ad esempio: “Fine dei giorni in vendita!” oppure “Offerta limitata nel tempo! Coronavirus!”). Il marketing basato sulla paura può forse essere efficace nell’immediato, ma è sicuramente dannoso nel lungo periodo.
- Sui social ci sono in questo momento moltissime citazioni ed esempi esilaranti di “sopravvivenza Covid-19”. Tenete quelle battute sulle pagine personali, non su quelle aziendali. È un momento molto impegnativo per tutti, quindi è fondamentale garantire che la vostra strategia sia ponderata, empatica e di supporto in ogni momento. E attenzione anche alle pagine personali, soprattutto se, all’interno di una comunità reale o virtuale, siete una persona conosciuta come la “faccia”, il “portavoce” di una determinata azienda. Perché se voi siete il portavoce di un’azienda che tiene una certa linea e poi, non nel privato della vostra stanza di casa, ma nel pubblico della vostra stanza sui social tenete una posizione diversa, magari antitetica, il giudizio che la gente avrà di voi e della vostra serietà e coerenza siete in grado di capirlo da soli.
- Evitate i messaggi che potrebbero far sembrare che state sfruttando la crisi piuttosto che fornire valore al pubblico. Ad esempio, se offrite servizi finanziari, non è questo il momento di puntare sulla pubblicità, men che mai quella aggressiva, anche se sono in tanti, in queste ore, ad andare alla ricerca di soluzioni finanziarie. Meglio, piuttosto, fornire consigli su ciò che sta realmente accadendo nei mercati, punti di vista sulla situazione. Illustrare, con onestà, i punti di forza delle proprie soluzioni. Chi cerca, vi troverà, con un pizzico di fiducia in più (o, se preferite, con un poco di pregiudizio in meno).
- Molti di noi con i compleanni di marzo – aprile ancora ricevono e-mail che non hanno senso nella situazione attuale. “Comprane uno, ne ottieni due” (solo in negozio)? Offerte come questa non solo risultano impersonali e totalmente sorde alla situazione attuale, ma possono ritorcersi contro il vostro marchio, la vostra azienda.
- Da ultimo, ma forse più importante di tutti, mettere un freno alla voglia di essere i primi a condividere la notizia eclatante, l’ultimo aggiornamento, la storia “incredibile, ma vera”. È così che si alimentano le fake news, con la malattia della corsa alla condivisione, che per moti versi è simile alla ludopatia. Un consiglio: per non correre rischi, soprattutto quando si gestiscono dei profili aziendali (ma questo vale anche per la reputazione personale e del proprio profilo privato), di fronte alla “grande e ultima notizia”, alla cosa “incredibile, ma vera”, verificate la fonte. Sembrerà banale, ma non lo è. La notizia arriva da un giornale, da una testata on line, dal blog di un giornalista conosciuto? Possiamo stare ragionevolmente tranquilli, perché i giornalisti hanno l’obbligo di controllare la veridicità di quello che pubblicano. Se, invece, chi pubblica non è un organo di informazione, ma un sito generico, meglio proseguire con i controlli e andare alla ricerca della stessa news su fonti attendibili: se una notizia clamorosa è vera, infatti, in poco tempo viene ribattuta da tutte le agenzie di stampa e dai media. Quindi, se il presunto «scoop» si trova solo su un sito generico, meglio dubitare. E, comunque, in generale: 1) Non condividete una notizia se non siete sicuri della sua veridicità. 2) Non mettete reazioni a un post se non siete sicuri della fonte: le fake news spesso si diffondono facendo leva proprio sull’emozione di poter essere tra i primi a condividere con gli amici una notizia estremamente positiva o molto negativa.
Eccovi il video integrale del webinar: