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Produrre una mascherina green al 100% è pura utopia o si può fare? Vediamo quali sono le tipologie presenti ad oggi sul mercato.
Inquinamento da mascherine
In questo periodo di pandemia alcune ditte hanno convertito le proprie linee produttive, dove possibile, dedicandosi alla produzione di dispositivi di protezione personale, che ottemperassero alle richieste dei vari decreti presidenziali: parliamo della famosa mascherina protettiva, visto che l’uso dei guanti è stato presto dichiarato inutile.
La mascherina invece è necessaria, obbligatoria in moltissimi casi, e questo ha aperto un altro problema, quello dello smaltimento dei rifiuti rappresentati dalle mascherine monouso, che sono la maggior parte. Queste vanno smaltite nell’indifferenziato, andrebbero inserite all’interno di un sacchetto chiuso, sono fatte di materiali non biodegradabili, insomma anche se smaltite nel modo corretto risultano altamente inquinanti. E non parliamo di quelle che, gettate in ambiente, oltre a essere veicolo di contagio rappresentano un rifiuto che si accumula e che si trova e si ritroverà per molto tempo nei nostri fiumi e mari.
L’inquinamento da mascherina rischia di diventare il nuovo problema ambientale nell’era del COVID-19. Cerchiamo di fare chiarezza, e insieme di dare qualche indicazione a chi pensasse di imboccare la strada della produzione di mascherine nel modo più green possibile.
Mascherina green: è possibile?
Le mascherine più usate, le cosiddette “chirurgiche “, sono non biodegradabili e monouso, il che rende difficile smaltirle. Il problema principale è quello dell’uso singolo, problema che è difficile da risolvere per il personale sanitario.
Ma per i cittadini comuni esistono soluzioni più green. La prima cosa a cui si pensa è a come rendere la mascherina lavabile e quindi riutilizzabile molte volte, in teoria in eterno. In molti ci hanno pensato, tanto che il mercato è pieno di “mascherine green”. Al consumatore spetta l’arduo compito di distinguere quello che porta dei concreti vantaggi ecologici da quello che è una semplice operazione di green-washing.
Mascherine in tessuto vengono proposte da molte parti, con stampe colorate, a volte dozzinali, spesso con motivi etnici e con il marchio del commercio etico. Il tessuto, naturale o artificiale, presenta il vantaggio di essere lavabile, magari in lavatrice, ma come svolgono queste mascherine la funzione di filtro, che dovrebbe essere la principale? Il solo tessuto svolge questa funzione solo in minima parte. A meno che le mascherine abbiano una tasca che ospita un filtro in TnT, quindi, non saranno molto efficaci nel fermare i virus eventuali, in entrata o in uscita dal nostro apparato respiratorio. Senza contare che già i passaggi che portano alla produzione del tessuto possono essere poco sostenibili.
Se hanno un filtro, questo ha una durata limitata nel tempo, alla fine della quale si dovrebbe smaltire, come le mascherine monouso. Rispetto a queste vediamo un grosso vantaggio, quello di riciclare tutta l’armatura compresi gli elastici, e di dover smaltire solo la parte filtrante, che pesa molto meno.
La stessa funzione la svolgono le mascherine in materiale plastico o in gomma. Costruite in materiali morbidi a contatto con la pelle, per aumentare il comfort di chi ci debba lavorare, trasparenti a volte per permettere il riconoscimento facciale, lavabili e sterilizzabili, rendono la respirazione molto confortevole per chi non sia abituato ad avere una mascherina sul viso, allontanando il filtro dal naso/bocca. Quasi tutte ospitano filtri in TnT che è l’unica parte da smaltire, dopo 24 ore mediamente di utilizzo. La parte principale si può igienizzare e riutilizzare, immediatamente.
In pochi casi qualche costruttore ha pensato a mascherine dotate di filtri riciclabili, lavabili e sterilizzabili non per un numero di volte infinito, ma mediamente fino a 30 giorni di utilizzo.
Qualcuno ha proposto una mascherina green in carta-filtro, non riutilizzabile, ma riciclabile, che non offre superfici adatte alla sopravvivenza del virus, che si separa dal cordoncino di sostegno (riciclabile) e si smaltisce nella carta.
Insomma, sono diverse le soluzioni adottate, e probabilmente c’è ancora spazio per la creatività.