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Riassunto del webinar Comunicazione fai-da-te: semplificazione del linguaggio e scrittura di una notizia, tenuto per noi da Marino Pessina dell’agenzia di comunicazione Eo Ipso.
Le basi della comunicazione fai-da-te
Chi ha letto gli articoli precedenti sa che faccio sempre una veloce premessa per inquadrare il terreno attorno al quale stiamo parlando. E anche oggi devo farlo, per non dare nulla di scontato perché comunicare significa interpretare.
Ora, non datemi del pazzo. Uso questa vignetta e così ci capiamo al volo: “canna” ha un significato diverso per il soggetto emittente e per quello ricevente. Ovvero i due dei tre elementi che caratterizzano un processo di comunicazione. Il terzo elemento, tanto per non dare nulla per scontato, è il canale. In questo caso rappresentato dalla voce, e che, in generale, è il mezzo attraverso cui l’emittente veicola il proprio messaggio e il ricevente lo ottiene. Può essere un mezzo sensoriale o un mezzo tecnico (come il giornale, la radio, la tv, il web) e ogni canale richiede un linguaggio diverso, ma questo adesso non ci interessa.
Quello che ci interessa è il processo. Perché se volete fare della comunicazione fai-da-te dovete avere chiaro che sempre, ma dico sempre, la comunicazione ha a che fare con la codifica e la decodifica. E che, quindi, rispetto al significato iniziale, codifica e decodifica possono dare origine a significati uguali, simili, diversi, in alcuni casi anche opposti. Ma, soprattutto, che se non tenete conto dell’interpretazione, il vostro messaggio potrebbe non arrivare mai alla persone con cui volete parlare.
Spesso, più spesso di quanto possiate pensare, quello che per voi è scontato non lo è per la persona a cui volete passare un’informazione e, così, il vostro messaggio proprio non arriva, essenzialmente per la mancanza di un terreno comune che permetta di interpretare in modo univoco il messaggio. Così la canna da pesca, diventa una “canna”. E voi sui giornali non ci finite, perché il giornalista non capisce quello che gli state dicendo. E la vostra community non vi segue o, peggio, si fa un’idea sbagliata, perché capisce una cosa diversa da quella che voi, e solo voi avevate in mente.
Tenere sempre conto dell’interpretazione quando si comunica non è un banale problema del “punto di vista”.
Comunicare in modo comprensibile per tutti
In questi tempi di Coronavirus il punto di vista è differente tra chi non può uscire di casa e chi invece può farlo o lo fa. E all’interno di un’azienda in cui si è costretti a lavorare, prendiamo i supermercati, ad esempio, non solo il punto di vista è differente tra il management e le cassiere o i magazzinieri, ma è differente anche tra cassiera e cassiera, sia per ragioni soggettive – come ognuno di loro la pensa rispetto alla situazione – sia per ragioni oggettive – un conto è una mamma che ha a casa dei bambini, un conto è una donna che vive da sola – e, quindi, occhio ai messaggi di comunicazione interna!
Tenere conto dell’interpretazione significa ricorrere alla semplificazione, per utilizzare la semplificazione come una sorta di metalinguaggio, cioè quel linguaggio che ha lo scopo di definire e spiegare gli altri. Lasciando perdere i paroloni, il concetto è più semplice di quanto non si creda: per esempio, se sto imparando una lingua straniera, il significato di una parola o di una regola che non conosco può essermi spiegato in italiano e in questo caso l’italiano funge da metalinguaggio.
Quindi, semplificare significa spiegare e superare i problemi di interpretazione. Se mi dicono che “le blue chip stanno calando”, se sono un bancario o comunque avvezzo al linguaggio della borsa, so di cosa stanno parlando. Viceversa mi serve una spiegazione per sapere che le blue chip sono le azioni più trattate di un mercato finanziario, di solito quelle a maggiore capitalizzazione e più liquidi. E che in Italia sono riunite nel paniere del Mib30, mentre a Wall Street compongono l’indice Dow Jones.
Quando comunichiamo, ognuno di noi deve cambiare il linguaggio a cui è avvezzo, specie quello tecnico, oppure denso di acronimi, oppure ampolloso, per adottarne uno che sia comprensibile a tutti e che non crei problemi di interpretazione.
«Qualora dal controllo dovesse emergere la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici conseguiti sulla base della dichiarazione non veritiera, fermo restando quanto previsto dall’art. 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, in materia di sanzioni penali», secondo voi in quanti la capiscono?
Bastava dire: «Chi rilascia una dichiarazione falsa, anche in parte, perde i benefici ottenuti con la menzogna e subisce sanzioni penali (Articolo 26, legge n.15 del 4.1.68)».
«Si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti»… Ma era proprio necessario utilizzare un termine che poi, per spiegarlo, ha richiesto la scrittura di una delle risposte alle domande frequenti che vengono pubblicate sul sito di Palazzo Chigi? Risposta che, peraltro, a sua volta richiede il ricorso alla semplificazione, dal momento che ci hanno detto che «con “congiunti” si intendono “parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili”» e quali saranno i fidanzati e gli affetti stabili dopo due mesi di lockdown, prima o poi lo scopriremo.
E pensare che proprio lo Stato da vent’anni a questa parte va dicendo – e ci ha fatto leggi e progetti appositi – che deve semplificare il suo linguaggio per rispettare la Costituzione, per rispettare i cittadini e perché «Un linguaggio semplice e chiaro consente ai cittadini un controllo sull’attività svolta dalla pubblica amministrazione, rendendo effettivo il principio della trasparenza amministrativa. Inoltre, il principio che garantisce l’accesso agli atti amministrativi presuppone che questi siano comprensibili ai cittadini che li richiedono».
Cosa significa semplificare?
- Significa adeguare il messaggio alle competenze e al linguaggio del destinatario, minimizzando le ambiguità.
- Non significa per forza rendere il messaggio più semplice, ma solamente più chiaro.
In sintesi: semplificazione + chiarezza = efficacia comunicativa. Tenetelo bene a mente nella comunicazione fai-da-te.
Le regole da applicare per redigere testi semplici e comprensibili sono poche e del tutto intuitive:
- stabilire l’obiettivo della propria comunicazione. Che, in buona sostanza, significa avere chiaro a chi ci si rivolge e che cosa si intende comunicare, e perché (cioè qual è lo scopo della propria comunicazione);
- valutare correttamente il destinatario della comunicazione, così da poter utilizzare linguaggi diversi per soggetti diversi (extra, giovani, tecnici, etc) e quando i documenti sono indirizzati a gruppi eterogenei di persone bisogna pensare al lettore meno istruito;
- non dare nulla per scontato. Su questo fatemi fare un esempio banale. Sono tanti gli artigiani e le piccole aziende, ma in realtà anche quelle grandi, che utilizzano allocuzioni precostituite. O, se preferite, frasi fatte, pensando così di colpire l’immaginario del proprio pubblico. Una frase che usano tutti, ad esempio, è «Abbiamo un ottimo servizio clienti». E che cosa vuol dire? Spiegalo! Fai degli esempi. Mostralo. Che ne so? Se sei un giardiniere, dicci che ripulisci dopo aver falciato il prato e sei attento al particolare del taglio dell’erba in prossimità di alberi o di siepi, in modo che tutto risulti ordinato. Fammelo vedere, magari mostrandomi delle foto di prima e dopo il tuo intervento. Cioè pensate, per tornare al punto 1, che cosa intendete comunicare, e siate chiari: insomma, non date nulla per scontato;
- pianificare il contenuto del testo, attraverso la costruzione di un ordine logico degli argomenti. Ma di questo parliamo fra un attimo, quando affrontiamo la seconda parte di questo nostro incontro, cioè la scrittura di una notizia.
E se queste sono le regole per semplificare nella comunicazione fai-da-te, resta da vedere l’altra parte del processo, quello della chiarezza. Ricordate cosa vi ho detto prima? Semplificazione + chiarezza = efficacia comunicativa.
Un testo è chiaro se chi legge capisce tutte le parole che contiene. Quindi, quando scrivete, usate parole di uso comune, perché sono più facili e comprensibili di quelle di uso elevato, raro o arcaico. Vi ricordate? Gli esempi li abbiamo fatti prima: «dovesse emergere la non veridicità», «i congiunti».
Italo Calvino – uno dei narratori italiani più importanti del secondo Novecento, lo dico giusto per non dare nulla di scontato – diceva: «chi non sa dire “ho fatto”, ma deve dire “ho effettuato”, uccide la lingua e non vuole farsi capire». Semplificazione più chiarezza: è l’unico modo per essere efficaci in comunicazione.
E quindi vediamo cinque regolette, anche in questo caso abbastanza semplici, per rendere un testo chiaro per la vostra comunicazione fai-da-te:
- Non utilizzare il burocratese: «All’uopo esibisce il benestare dell’attuale intestatario» ➔ Perciò presenta la dichiarazione con cui l’attuale abbonato – «derogatorio», cioè che fa eccezione.
- Spiegare sempre le parti tecniche del testo: «Ogg.: L. 02.04.1968, n. 482, Art. 19, comma 2° – Invalido del Lavoro» ➔ Oggetto: Istituzione di elenchi separati degli invalidi del lavoro presso gli uffici provinciali del lavoro. In applicazione dell’articolo 19, comma 2° della legge n. 482 del 2/4/1968.
- Evitare le abbreviazioni, gli acronimi e le sigle. Nell’esempio di prima: Ogg. = oggetto; L. = legge. Per quanto riguarda gli acronimi, sono spesso di derivazione dalla lingua inglese: ASAP (As Soon As Possible) – Il prima possibile, OOO (Out of office) – Fuori ufficio, ATM (At the moment) – Al momento che, però, sta anche per Automated Teller Machine, volgarmente detto: Bancomat.
E per stare in ambito bancario nell’esempio delle sigle abbiamo il PAC, piano di accumulo. Ecco, per le sigle, se in un testo occorre ripetere più volte una sigla, la prima volta che si usa è opportuno riportare per esteso la parola o l’espressione da cui ha origine la sigla, seguita dalla sigla tra parentesi tonde. (clic) “Il piano di accumulo (Pac)” Le volte successive basta usare la sigla. E, mi raccomando, siccome state scrivendo un testo, delle sigle si mette solo la prima lettera maiuscola. Il tutto maiuscolo in comunicazione non si usa nei messaggi, quelli del telefonino, oppure nelle mail, lo sapete, equivale a urlare. Nella scrittura equivale a dare inutile e fastidiosa enfasi. - Usare verbi di forma attiva e dai modi e tempi semplici – no passivi e riflessivi – meglio indicativo del congiuntivo. Rifarsi alla lingua parlata, in cui sono molto diffusi il presente, il passato prossimo e il futuro semplice.
- Preferire frasi in forma affermativa: sono più chiare di quelle negative perché sono più dirette. («Siamo tutti in telelavoro» invece di «Non siamo presenti in ufficio» … e dove siete?)
Fatemi dare un ultimo, piccolo consiglio: ponete grande attenzione alla punteggiatura. Ovvero a quella massa di macchioline o di punti, più o meno fitti, che compaiono all’interno d un testo. Ormai (virgola) purtroppo (virgola) vengono proprio utilizzati a sproposito (punto esclamativo). Non è il caso di andare oltre, credo che ci siamo capiti. Se qualcuno vuole approfondire, c’è di tutto. Io amo i libri di Roy Peter Clark e sul tema – non solo della punteggiatura – consiglio “How to write short”, che da sempre parafraso con: un bel punto non fu mai scritto. Perché la punteggiatura, cambia proprio il senso delle frasi.
Comunicazione fai-da-te: scrittura di una notizia
Per scrivere una notizia nella vostra comunicazione fai-da-te, affidatevi sempre senza paura alla piramide rovesciata, che caratterizza la scrittura giornalistica e che ha in sé tutti gli elementi per non sbagliare mai, sia che dobbiate fare un documento interno per i dipendenti, oppure una nota per informare i giornalisti, o un post per la vostra community. Insomma: qualunque sia l’obiettivo del vostro scrivere, la piramide rovesciata funziona alla perfezione.
Sull’origine del modello della piramide rovesciata per la scrittura giornalistica gli storici sono d’accordo nel sostenere che risale all’invenzione del telegrafo. Nei grandi spazi degli Stati Uniti, la linea cadeva in continuazione e i giornalisti che inviavano il loro pezzo a una redazione lontana anche migliaia di chilometri dovevano essere certi che la notizia arrivasse: inviavano quindi come prima cosa l’essenziale per poi proseguire con i dettagli.
Vedete, nell’immagine, l’attacco della notizia, in alto, data nella sua totalità perché nel primo invio ci stanno le famose 5 W, di cui parliamo dopo, e che ci permettono di costruire con 30/40 parole, ma volendo anche meno, tutto gli elementi portanti di quello che abbiamo da dire nella nostra comunicazione fai-da-te.
In alto, per primo, quindi, c’è il testo più breve, ma l’informazione più importante. E verso il fondo mi perdo in dettagli e testi più lunghi.
Tornando alla nostra piramide, vedete, ci sta il corpo della notizia, quindi la coda, cioè gli ultimi dettagli.
Oppure, nel caso si tratti di un comunicato stampa o della presentazione di una persona, un nuovo manager, un amministratore locale, ci va il suo curriculum. Perché non ha senso appesantire la notizia che ho appena scritto perdendomi nella descrizione di cosa uno ha fatto nella sua vita, da dove arriva, di che studi ha fatto. Chi sta leggendo il vostro pezzo si perde via in mezzo a mille dettagli, e li può trovare financo noiosi e così smette di leggervi.
Quelle unità informative possono anche essere importanti, anzi, sono sicuramente importanti. Ma non vanno messe ad appesantire il pezzo, ma poste in fondo, allegate. Così io la notizia te l’ho data tutta e tu, una volta arrivato qui, decidi se approfondire oppure no.
Ma torniamo alla scrittura della notizia che, come detto, sta tutta nell’attacco in alto. E per presentare un argomento in modo chiaro e comprensibile, deve seguire lo schema delle 5 W, ovvero deve rispondere essenzialmente a 5 domande, che in inglese si caratterizzano per il fatto di iniziare tutte e 5 con “W”:
- WHO (chi?): riguarda gli individui, che hanno preso parte al fatto;
- WHAT (cosa?): riguarda il fatto accaduto in sé, ovvero la descrizione degli eventi;
- WHEN (quando?): indica il tempo dell’accaduto;
- WHERE (dove?): indica i luoghi coinvolti nel fatto;
- WHY (perché?): dà un motivo al fatto, la causa che ha portato al verificarsi di tali eventi; .
La presenza dei cinque elementi, indipendentemente dalla lunghezza dell’articolo, rende in sé completa la notizia. La mancanza, anche solo di una delle 5 W rende l’informazione incompleta.
Le 5W possono ovviamente comparire anche in una sequenza diversa da quella proposta nella vostra comunicazione fai-da-te.
Anche sul web, tra l’altro, il modello delle 5W funziona bene e vi si sono aggiunti nuovi strati: l’abstract e gli approfondimenti dei link, che hanno una sorta di parallelo nei box dei giornali cartacei.
Resta una sfumatura di differenza tra carta e web: sulla prima potete permettervi una maggiore complementarità tra titolo, sottotitolo e testo – sia di linguaggio sia di contenuti – perché saranno sempre letti insieme; meno sul web, perché qui il titolo può apparire da solo fra i risultati di un motore di ricerca, come testo di un link verso un’altra pagina o nell’indice di un aggregatore.
Ma il titolo, sia come sia, deve attirare e urlare la notizia.
Se state navigando sul sito di una pasticceria e vedete un suo articolo caratterizzato dal titolo «Fai un regalo a chi ami e falle trovare la colazione quando si sveglia», che pensate? Deve essere: «(da oggi) ti portiamo a casa la brioche appena sfornata» e quel punto, se proprio vuoi, «Fai un regalo a chi ami e falle trovare la colazione quando si sveglia». Argomenta, inserisci il discorso dell’immagine giusta.
I titoli sono la prima cosa che le persone vedono prima di leggere qualsiasi contenuto. E sono ciò che determina se in realtà leggeranno o meno i tuoi contenuti.
Tra l’altro, la regola delle 5W funziona benissimo per aiutarvi a superare la fase cruciale del processo della scrittura (cosa devo dire / e perché / e a chi) permettendovi di costruire la scaletta.
E visto che ho parlato di processo della scrittura, due cose:
- Scrittura (prima bozza)
- Rilettura (fate leggere a qualcuno) e riscrittura
Chiuderei con un’ultima riflessione sulla scrittura della notizia per la comunicazione fai-da-te (o del comunicato stampa, o del post, o di quello che preferite). Una volta assimilate le regole e preso confidenza con le 5W, la vostra scrittura diventerà sempre più efficace e sempre più chiara con l’esercizio. Il fine ultimo dell’esercizio è quello di combinare semplificazione e chiarezza (che vogliono dire efficacia comunicativa) alla gradevolezza, quindi all’armonia nella scrittura.
E il modo per trovare l’armonia è quello di combinare frasi corte, medie e lunghe. Su questo ci viene in aiuto il già citato Roy Peter Clark, in questo caso col suo “Writing Tools”:
Questa frase ha cinque parole. Ecco qua altre cinque parole. Frasi a cinque sono piacevoli. Ma se troppe diventano monotone. Ascolta che succede alle frasi. Il testo diventa piuttosto monotono. È un suono che annoia. È come un disco rotto. L’orecchio reclama una varietà.
Ora ascolta. Provo a cambiare la lunghezza delle frasi per creare musica. Musica. Il testo canta. Prende ritmo, diventa una cantilena, un’armonia. Scrivo frasi brevi, scrivo frasi di media lunghezza. E qualche volta, quando sono certo che il lettore è tranquillo, lo trascino con una frase lunghissima, una frase che brucia di energia e si alza in un impeto di crescendo, un rullo di tamburi, un fragore di cembali. Suoni che dicono “ascoltami!”: l’importante è questo.
Quindi scrivi la giusta combinazione di frasi corte, medie e lunghe. Crea un suono che accarezzi l’orecchio di chi legge.
Non scrivere solo parole. Scrivi musica.
Eccovi il video integrale del webinar: