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Pensateci bene quando offendete qualcuno su una piattaforma social come Facebook, perché potreste essere denunciati per diffamazione.
Offendere su Facebook è diffamazione
Ebbene sì, neppure in internet tutto è concesso: offendere tramite i social network può considerarsi diffamazione. Con lo strumento della rete è possibile realizzare una serie di reati come:
- Diffamazione aggravata (art. 595 c.p.), quando si indirizzano a soggetti identificati o facilmente identificabili espressioni che ledono l’onore e la reputazione;
- Minaccia (art. 612 c.p.), quando si minaccia ad altri un ingiusto danno;
- Truffa (art. 640 c.p.), quando con artifici e raggiri si induce taluno in errore, si procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno;
- Estorsione (art. 629 c.p.) quando con violenza o minaccia si costringe taluno a fare od omettere qualcosa, si procura ad altri o a sé un ingiusto profitto con altrui danno;
- Sostituzione di persona (art. 494 c.p.), quando al fine di procurare a sé o agli altri un danno, si induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona o attribuendo a sé o ad altri un falso nome o stato o qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Diffamazione: normativa vigente e ultime pronunce
A rendere pacificamente applicabile il reato penale della diffamazione a mezzo stampa anche ad internet – in particolare alle espressioni postate dagli utenti del social network di Facebook – sono state un paio di recenti sentenze della corte di Cassazione la della Cassazione.
La sentenza n.24431/2015 è pronunciata in riferimento alla condotta di un soggetto che aveva postato sulla bacheca Facebook della persona offesa un commento denigratorio. A tal proposito la Cassazione ha stabilito che postare un commento denigratorio sulla bacheca della persona offesa costituisce un’ipotesi di diffamazione a mezzo stampa punito e previsto dal comma 3 dell’art. 595 c.p.
La motivazione apportata dalla Corte è che la condotta in esame si realizza avvalendosi di un mezzo idoneo e capace di raggiungere una pluralità di persone, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa, proprio come avviene allorquando la diffamazione venga veicolata con il mezzo della stampa.
Nel 2017 la sentenza n.50 stabilisce che anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di Facebook integra l’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 c.p. perché è una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, di persone. L’uso di un mezzo di pubblicità nel reato di diffamazione costituisce un’aggravante poiché raggiunge una vasta platea di soggetti.
L’iscrizione a Facebook non limita la diffusione, ma solo l’accesso
Secondo la Corte la circostanza che l’accesso al social network richiede all’utente una procedura di registrazione non esclude in alcun modo la natura di “altro mezzo di pubblicità” che richiede la norma penale per l’integrazione dell’aggravante. Tale natura, infatti, fa riferimento alla potenzialità diffusiva dello strumento di comunicazione, non all’indiscriminata libertà di accesso allo stesso.
State bene attenti quindi: per qualsiasi insulto o offesa scritta su Facebook – sulla propria o altrui bacheca – potreste commettere diffamazione!